Abbiamo celebrato oggi la memoria liturgica della beata Chiara Bosatta: anziani, famigliari e operatori si sono stretti intorno all’altare e con l’amico della Piccola Casa, don Mario Persano, hanno pregato per questa suora vissuta nella seconda metà dell’Ottocento e beatificata da Giovanni Paolo II nel 1991 quale «segno della carità di Dio» e «partecipe del carisma della dedizione agli ultimi nella piena e incrollabile fiducia nella Provvidenza».
Gli anziani hanno recitato la preghiera a suor Chiara, che dà il nome alla Piccola Casa, ricordando la brevissima vita della beata, vissuta – come sottolineato da papa Wojtyla durante la Messa di beatificazione – «nella mitezza e fragilità, nella semplicità dei modi e nella delicatezza del tratto» sotto le quali «nascondeva la forza indescrivibile di una carità veramente evangelica», fino «alla consumazione delle sue energie, con l’ultima malattia, contratta proprio nel servizio ai sofferenti ed offerta come dono e sacrificio in favore dei più miseri».
Per gli anziani così come per noi operatori, «l’attualità» del suo messaggio sta – come evidenziato dal compianto Santo Padre – nell’aver «compiuto con amore le semplici azioni di ogni giorno, stando in continua sintonia con Dio e santificando così il quotidiano». Non fenomeni o gesti straordinari quindi, perché «straordinario è stato invece il modo di porsi in relazione con Dio, lasciando spazio a Lui in tutto il suo essere».
Spiega padre Fabio Pallotta, studioso della Beata: «Davvero spiccato in lei è il senso degli altri, che cresce a dismisura fino all’immolazione, per via della sua capacità naturale di sentire le cose dentro, che le permette di mettersi realmente nei panni altrui andando verso le persone, ma anche di portare le stesse dentro di sé, nel proprio mondo».
«A chi rischia di naufragare nel mare dell’egoismo» – il monito conclusivo di Giovanni Paolo II – Chiara propone «l’ideale della carità, della solidarietà e della condivisione; là dove non di rado viene a mancare il senso della vita, dono di Dio», questa Beata ricorda «la necessità del rispetto per la vita e la cura di essa, anche nelle situazioni di grande povertà umana»: «La santità è possibile, è accessibile a tutti, purché si resti fedeli a Dio e fedeli all’uomo».