Ci sono farmaci per curare l’Azheimer?

Negli ultimi vent’anni sono oltre cento i tentativi fatti per sviluppare un farmaco efficace per curare la malattia: di queste sperimentazioni soltanto quattro sono giunte alla messa in commercio del farmaco. Quattro in vent’anni. È ciò che emerge dall’annuale Rapporto mondiale sull’Alzheimer del 2018 pubblicato a settembre 2018. 

Al momento sono disponibili due tipi di farmaci, che mirano entrambi a trattare alcuni dei sintomi. Il primo tipo sono gli inibitori della colinesterasi – donepezil, rivastigmina e galantamina – i quali impediscono a un enzima chiamato acetilcolinesterasi di scomporre l’acetilcolina, che aiuta a inviare messaggi tra le cellule nervose e a mantenere la memoria in corso. Dal 2000, questi farmaci sono rimborsabili, malgrado il progetto Cronos avviato dal ministero della Salute per verificarne l’efficacia abbia dimostrato che il loro successo nel trattamento delle demenze sia piuttosto limitata.

L’altro farmaco è la memantina (recettore NMDA) e cerca di bloccare gli effetti di una sostanza chimica, il glutammato, che viene rilasciata in quantità eccessive nel cervello delle persone con l’Alzheimer provocando danni alle cellule cerebrali. La ricerca ha dimostrato una leggera efficacia nel rallentare l’evoluzione della malattia. A differenza degli inibitori della colinesterasi, la memantina è indicata nelle fasi moderata e severa della malattia. Anche la memantina è rimborsabile dal sistema sanitario nazionale con le stesse modalità usate per gli inibitori della colinesterasi, ovvero attraverso i centri specialistici denominati Unità valutazione alzheimer, ma solo nella fase moderata della malattia.

Una delle difficoltà incontrate dalla ricerca è legata al fatto che – emerge dal Rapporto – la presenza di amiloide nel cervello non sempre dà origine a forme di demenza, per cui il trattamento farmalcologico sperimentale su persone di questo tipo ha implicazioni etiche importanti: «A volte i rischi legati alla assunzione di farmaci supererebbero i rischi di contrarre la demenza».

«Alla fine di luglio – prosegue il Rapporto – all’Alzheimer’s Association International Conference, ci sono stati alcuni grandi annunci. Una ricerca ha dimostrato che un farmaco utilizzato per il controllo del colesterolo, Gemfibrozil, sembrerebbe in grado di ridurre i livelli di amiloide e l’infiammazione del cervello nei topi. È un esempio di ciò che gli scienziati chiamano “riproposizione”, ovvero testare un farmaco efficace in un campo per vedere se è efficace anche in un altro.

Un altro annuncio ha riguardato un farmaco chiamato BAN2401, che sarebbe in grado di ridurre l’amiloide nel cervello nell’81% dei pazienti e di rallentare il declino cognitivo nel cervello del 30%: è la seconda volta – in vent’anni di ricerche – che un farmaco che riduce l’amiloide è stato trovato in grado ridurre anche il declino cognitivo.

La terza buona notizia riguarda il crenezumab, un farmaco in grado di ridurre i livelli di amiloide nel fluido attorno al cervello e nel midollo spinale.

Si tratta di sperimentazioni ancora nelle fasi iniziali, ma sono motivi di speranza.

Prendi un appuntamento con l’équipe multidisciplinare del centro diurno integrato Piccola Casa Beata Chiara e chiedi una valutazione psicologica gratuita: chiamaci al 3897693100.

 

Che cos’è la malattia di Alzheimer?

 

Ecco dieci campanelli d’allarme

 

È ereditario?

 

Si può guarire?

 

Si può curare?

 

A chi posso rivolgermi?

 

Le terapie non farmacologiche

 

Come assistere un malato di Alzheimer?
Strumenti di supporto alla famiglia
Si può prevenire?

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *